ISTRUZIONI PER L'USO

IL TALLONE D'ACHILLE è pensato per scrivere libri, direttamente su questo blog. Qui comincia l'Eredità di Michele, l'ultimo scritto. Il precedente è stato interrotto, si vede che doveva maturare. Qui trovate IL primo LIBRO, col suo indice ed i post che lo compongono.
I "libri" raccolgono commenti, critiche e suggerimenti di chiunque voglia partecipare con spirito costruttivo. Continuano un percorso iniziato con le Note scritte su Facebook , i cui contenuti sono ora maturati ed elaborati in una visione d'insieme, arricchiti da molti anni di esperienze diverse e confronti con persone diverse.

I Post seguono quindi un percorso logico che è bene conoscere, se si vuole ripercorrere il "discorso" complessivo. Naturalmente è possibile leggere singoli argomenti ai quali si è interessati. Argomenti spot - che spesso possono nascere dall'esigenza di commentare una notizia - saranno trattati in pagine dedicate.

Buona partecipazione!


sabato 31 marzo 2018

ECONOMIA 2.ZERO

Mettiamo un po' d'ordine nell'idea frettolosamente descritta nel post precedente: Il Mito del Capitale sta per morirePartendo dall'inizio.

Per arrivare alla gioia della liberazione, che è ormai certa, occorre passare dal dolore della presa di coscienza: siamo tutti complici, ma inconsapevoli. Il che è una bella notizia: smettiamo di esserlo, diventiamo consapevoli, e il processo di liberazione diventerà inarrestabile.

Fuori dal capitalismo, infatti, non c'è solo l'alternativa grigia e triste di un comunismo di Stato che ti toglie la libertà, come la propaganda è riuscita a farci credere. E neppure la follia inflazionistica che qualcuno stupidamente paventa. Oltre il capitalismo, c'è la libertà sconfinata (con il suo carico di responsabilità) di una umanità che riscopre la sua natura divina e sovrana e decide di esercitarla.  


Mai come oggi la società è organizzata (molto inconsapevolmente) attorno ad un principio cardine, di straordinaria potenza meccanica, che guida e condiziona impietosamente le scelte economiche, politiche, sociali: il principio della necessità di remunerare il capitale per consentire la sua accumulazione, a sua volte necessaria alla modernità ed al progresso.

Non si muove foglia, nel mondo capitalistico, che una volta era quello occidentale ma oggi è il mondo globale, se questo movimento non offre un adeguato tributo al capitale investito.

Qualsiasi investimento a favore dei poveri, dei non abbienti, dei miseri, di chiunque non sia in grado di pagare in moneta sonante per l'acquisto del bene o del servizio prodotto, se stretto in questa logica capitalistica, è destinato ad essere progressivamente emarginato. Sta già succedendo.

Più la logica viene interiorizzata, subita, accettata acriticamente, più cresce il livello di disumanità necessario a mantenere in vita questo tipo di organizzazione. Sembra folle, ma la logica è stringente, e porta inevitabilmente ad una conseguenza tragica: i miseri, tocca sterminarli. E' la soluzione decisamente più conveniente, dal punto di vista del capitale. Da Malthus in poi, questa è scienza apertamente teorizzata e dibattuta (magari discretamente). Da che mondo è mondo, la pratica dello sterminio delle popolazioni che si frappongono all'avanzare della "civiltà economica", è realtà documentata e incontestabile. 

Tutto questo, oltre ad essere di una disumanità inaccettabile, è oggettivamente stupido. Vediamo.

Il capitalismo, è l'accumulazione di capitale.

Le fondamenta del capitalismo poggiano su questa convinzione: siccome il capitale è scarso, ed è necessario per fare grandi cose, è bene che qualcuno si sforzi di accumularlo; tu, quindi, lascia il capitale libero di cercare il modo migliore di essere investito, alla ricerca del profitto più alto nel gioco del libero mercato, e tutto il mondo ne trarrà benefico.

E' il principio della "naturale" inclinazione del capitale alla sua migliore allocazione (la scelta di investimento). Così si narra ma si argomenta anche minuziosamente in sterminati manuali di macro e micro economia... scritti, naturalmente, da economisti capitalisti, ma questo è un dettaglio (sebbene vero).

Inclinazione contrapposta, manco a dirlo, (prova del 9) alla "naturale" inefficienza dello Stato e della politica. Anche questa è abbondantemente narrata, soprattutto da programmi televisivi (ed anche questo è vero).

Se l'idea di accumulare soldi ti pace, questo è esattamente quello che vuoi sentirti dire: è cosa utile al progresso dell'umanità. Ti lasci convincere facilmente.

Chi mastica un po' di psicologia, sa bene cosa sia una "convinzione". Si tratta di una "ferma certezza morale o intellettuale che non ammette discussioni". Ne hanno grandemente bisogno, di queste solide certezze, le persone incapaci di fiducia, sia in se stessi (mancanza di autostima), sia nel resto dell'umanità (avvertita come minaccia continua, cattiva e asociale per natura). Magari è capitato che da piccolo (da infante in particolare, ma influisce poi tutta la vita) non hai ricevuto dai genitori e/o dalla comunità sufficienti cure amorose, allora è anche normale e comprensibile questa reazione di mancanza di fiducia. Sappi che non sei solo: 
nella nostra società drammaticamente ignorante, egoista, individualista, concentrata su aridi aspetti materiali e caratterizzata da una fretta perenne, il fatto di non aver ricevuto cure ed attenzione amorosa adeguata è certamente "la norma". Da questa carenza discende, immancabilmente, la paura ed il bisogno di attaccamento a qualcosa che deve essere percepito solido e sicuro: l'attaccamento, appunto, a delle idee preconcette, che diventano le proprie "convinzioni".

Convinzioni che molto facilmente passano dal piano individuale alla società, se anche questa è malata, e ancor più se alcune menti malate ma molto facoltose investono miliardi per diffonderle, con efficaci mezzi propagandistici. Così, finisce che si radicano nell'immaginario collettivo. E tutti ci sentiamo rassicurati, a posto (apparentemente) con la nostra coscienza 

Interessantissimo il significato etimologico della parola "convinto": convictus, quindi sopraffatto, vinto, sconfitto, prigioniero. Prigioniero di una'idea che, guarda caso, è normalmente sbagliata.

Tutte le "convinzioni" sono infatti caratterizzate da un tratto comune: sono sistematicamente e manifestamente smentite dalla realtà.



Veniamo al caso nostro per una verifica terra terra. Morto il comunismo, sconfitte le socialdemocrazie, trionfato il capitalismo, abbattute le barriere alla circolazione dei capitali, oggi lasciati liberi di allocarsi comodamente ove più gli aggrada, ci guardiamo intorno e  ci domandiamo: cosa si produce nel mondo; come si produce; soprattutto, come si ripartiscono i benefici su tutta l'umanità?

Osserviamola, la realtà, partendo dal settore "primario" (quello che viene prima di altri..).



mentre 800 milioni di persone soffrono la fame (così documentano l'ONU e la FAO).

Vi risparmio foto di bambini denutriti: tanto voi lo sapete perfettamente che esistono. E' LA REALTÀ che il nostro inconscio, alla ricerca disperata di certezze, preferisce ignorare!

Vogliamo parlare della "qualità" del cibo? Degli effetti che l'agricoltura industriale produce sulla natura, tipo desertificazione e cambiamenti climatici? Sulle popolazioni decimate o "spostate" da casa loro per far largo ai latifondi di monocolture o alle miniere necessarie ad estrarre i minerali indispensabili all'agricoltura industriale? E cosa dire degli effetti sulla salute? Quando ero bambino, e l'industria agroalimentare era solo agli albori, intolleranze, allergie, obesità diffusa, diabete e altre amenità simili, erano più o meno inesistenti. No, non ne voglio parlare: per non offendere la vostra intelligenza e sensibilità, ed anche per non perderci nel dibattito defatigante di cosa sia informazione e scienza, al giorno d'oggi.

Restiamo ad altri fatti.


Dal capitalismo (che, alla lettera, è: accumulazione di capitale) trae beneficio una minoranza sparuta e incosciente. E più avanza l'accumulazione, più diventano gravi le condizioni di chi resta fuori.
l'indice di Gini sulla concentrazione della ricchezza è impietoso: la promessa che ne avrebbe tratto giovamento il mondo intero, è oggettivamente ed inconfutabilmente falsa.

Perché allora il pensiero sta ancora in piedi? 

Per un'altra "convinzione", profondissima, frutto di propaganda incessante, alla quale siamo terribilmente attaccati.

Non c'è alternativa


Allora armati di santa pazienza, e (sempre che tu voglia mettere in discussione le tue profonde convinzioni, consapevole del rischio del dolore che il processo di separazione comporta, ma anche della gioia infinita che questa liberazione può consegnarti) iniziamo ad approfondire con metodo e con parole semplici e (spero) chiare, l'ABC dell'economia capitalista, e le possibili alternative.


*  *  *


L'economia classica (che vogliamo superare) ci dice: se devi produrre nuovi beni e servizi, e non ti accontenti di raccogliere bacche selvatiche per sfamarti, hai bisogno di tre cose, che vengono chiamate "i fattori della produzione". Si tratta di elementi indispensabili, che rendono possibile la produzione di nuovi beni e nuovi servizi utili a soddisfare i nostri bisogni. Bada bene: non è importante sapere che "cosa" vuoi produrre. Né "come" lo vuoi produrre. Qualsiasi bene o servizio tu voglia realizzare  avrai necessità di procurarti queste tre cose, che per definizione sono scarse o, almeno, limitate: la terra; il lavoro; il capitale. E devi pagarle. Il prezzo pagato si chiama "remunerazione" del fattore produttivo. Il modo con cui i fattori vengono "remunerati" è quello di assegnare ad ognuno dei fattori una quota parte del nuovo valore generato attraverso il processo di produzione

Come ripartire quel valore, fra i vari fattori, viene dopo. Intanto, devi prendere coscienza del fatto che ne hai bisogno e devi remunerarli. Però, sin da ora, concentrati su questo aspetto: è la produzione che CREA il vero, nuovo, valore "aggiunto" (il bene o servizio prodotto); ed è questo il valore che può essere sempre distribuito.

Attenzione, attenzione: questa storia dei tre fattori, coltivata con amore dai possessori di capitale che godono immensamente dell'idea che il loro "mucchio di soldi" abbia un diritto a produrre frutti, diventa un principio; un assioma; una "verità" universalmente riconosciuta che non ha più bisogno di essere dimostrata e non può essere messa in discussione. Pochi, purtroppo, si rendono conto che,  accettato acriticamente questo assioma, la scelta successiva del "come produrre", "cosa produrre, "come ripartire il valore prodotto", è fortemente condizionata. Il che ci porta, quasi meccanicamente, al mondo sottosopra in cui viviamo. In questo articolo, vorrei spiegare proprio quei meccanismi.

Abbiamo precisato che i fattori della produzione debbono essere scarsi o comunque non illimitati, per meritarsi il diritto ad una remunerazione. 
Chiariamo con un esempio. L'insalata, per crescere in un orto, non si accontenta della terra, del lavoro e del capitale necessario a comprare semi, attrezzi e concimi. Ha anche bisogno di aria ricca di ossigeno e di luce del sole. Potremmo quindi dire: aria e luce sono fattori indispensabili alla produzione. Ma a nessuno viene in mente di pagare un tributo a madre natura per la sua generosa disponibilità, proprio in conseguenza della sua generosità: ce n'è per tutti. Attenzione, però: questo resta vero solo fino a quando aria e luce restano disponibili e abbondanti. Non appena, anche grazie alla nostra stupidità, diventano in qualche modo limitati (non tutti gli orti godono oramai di aria pulita e illuminazione sufficiente), allora quei fattori entrano nel valore economico, e devono essere "comprati". Non ce ne rendiamo conto perché il prezzo non è evidenziato a parte, ma è confuso nell'aumento di prezzo delle terre che godono di quelle proprietà. Così come, con un altro esempio, se pensiamo all'atmosfera come spazio da destinare alle rotte aeree, ci accorgiamo immediatamente che appena la disponibilità di "aria" diventa limitata, dobbiamo pagare un prezzo per poterne disporre. O addio trasporto aereo. 

La "limitatezza" del fattore produttivo è dunque presupposto indispensabile del suo diritto alla remunerazione. Possiamo anche precisare, per un principio molto intuitivo: più un fattore è scarso, più viene pagato.

Vediamoli ora in dettaglio, tutti e tre.

La terra, si capisce. Ha un "valore" economico, in quanto serve sempre ed è pure limitata. Se io e te ci litighiamo un pezzo di terra, perché io ci voglio fare un orto e tu ci vuoi mettere su una casa, vince chi paga di più. Quel "prezzo" che paghiamo per avere la disponibilità della terra necessaria a produrre patate, zucchine o case, rappresenta la "remunerazione" pagata al fattore della produzione Terra, che nel linguaggio economico si chiama "rendita". Questo prezzo può essere un affitto, pagato al proprietario della terra, il quale incassa la sua "rendita" e si disinteressa di quello che succede. In realtà ci sarebbe qualcosa da ridire: si ma tu perché sei proprietario? Io lavoro, organizzo, rischio, e tu ti prendi una fetta di torta, piccola o grande che sia, senza fare nulla! Va be', ci torneremo. Ma, a ben vedere, anche se dovessimo ipotizzare un mondo senza proprietà privata, e quindi senza "rendita" dovuta ai proprietari terrieri, resterebbe comunque un aspetto importante da gestire. La terra non è sufficientemente estesa per poter soddisfare tutti i potenziali bisogni (inclusi gli sfizi) dell'umanità. Quindi è corretto ritenere che un prezzo per l'utilizzo della terra, che sia pagato al singolo proprietario oppure alla comunità intera, ha comunque una sua comprensibile ragion d'essere. 
Conclusione: è vero che la terra è un fattore sempre necessario alla produzione di qualsiasi bene o servizio, ed è anche vero che è un fattore non illimitato; quindi è bene che venga remunerata. Come (e a chi), è un altro discorso.

Anche il lavoro, si capisce; ma in materia i pregiudizi abbondano. 
Fare grandi cose che richiedono tempo e fatica, capacità ed esperienza, implica il lavoro di più persone. Se vuoi che qualcuno lavori per il tuo progetto, devi pagarlo con un prezzo che nel linguaggio economico si chiama "salario"
Attenzione, però: non dobbiamo pensare solo all'operaio o all'impiegato dipendente. Anche la tua idea imprenditoriale e la capacità imprenditoriale (organizzativa); come qualsiasi lavoro autonomo nelle sue diverse forme (oggi tristemente fantasiose); il lavoro del manager (che è a mezza strada); il lavoro del socio di una cooperativa (che fine indecorosa!); sono tutti fattori necessari alla produzione che devono essere pagati, remunerati, in quanto "lavoro"
Oggi la quota di remunerazione che arriva nelle mani di tutti questi soggetti, diversi dal classico lavoratore dipendente, è fortemente abbattuta ed omologata verso il basso, spesso ai limiti della sussistenza. Dovremmo capire che è venuto il momento di riscrivere lo Statuto dei Lavoratori con mente più allargata. Altro che "jobs Act"! Rompere la separazione e soprattutto lo scontro "deviante" fra imprenditore, lavoratore autonomo e lavoratore dipendente, oggi diventa di importanza... capitale! 
Cominciando intanto con il distinguere accuratamente fra capitale e persona, fra capitalista e imprenditore. Ma prima dobbiamo capire dove sono finiti i soldi, e cosa stanno effettivamente remunerando, per poterli meglio distribuire. Per ora, focalizziamo l'idea: la capacità organizzativa dell'impresa oppure la stessa idea imprenditoriale, anche nel caso in cui l'imprenditore usi esclusivamente capitale finanziario di sua proprietà, sono remunerate in quanto "lavoro", non in quanto capitale.  
Restando sul lavoro, dobbiamo notare che sono moltissime le utilità che un essere umano può mettere a disposizione di un processo produttivo: la forza, la pazienza, l'intelligenza, l'esperienza, la competenza, la genialità .. in realtà appare sempre più chiaro che qualsiasi tipo di qualità umana può tornare utile, nell'era dei servizi avanzati. 
Il salario, ma anche la parcella, o il profitto d'impresa (come su inteso), rappresentano dunque la remunerazione che spetta al lavoro. Sono necessari (ci dice l'economia classica) a convincere un essere umano a partecipare al processo produttivo, anziché starsene in panciolle a cogliere bacche selvatiche. E' un'opinione. Per ora prendiamola così com'è.
Ora vediamo piuttosto se il "fattore lavoro" (persone disposte e in grado di lavorare) è illimitatamente disponibile, oppure scarso, o limitato. Non lasciamoci confondere dall'elevato livello di disoccupazione che vediamo attorno a noi, che ci può far credere che ci siano più persone in cerca di lavoro che cose da fare. Pensa sempre al lavoro come a "cose utili da fare", e non sbagli: ci saranno sempre e comunque più cose utili da fare che persone in grado di farle!
Solo se ci lasciamo convincere che dobbiamo guardare alle opportunità di lavoro che ci vengono materialmente offerte da un capitale in cerca di remunerazione, allora diventa vero: i lavoratori sono troppi. 
La conseguenza, attenzione, sarebbe questa: il lavoro, sempre disponibile, non necessiterebbe più di una remunerazione! Allora, amici miei, apriamo gli occhi e guardiamo in controluce le "favole" che ci racconta la propaganda neoliberista: "siamo troppi" e non ci sono più cose da fare; le risorse stanno per finire; sono arrivati sul mercato i cinesi, gli indiani, gli indonesiani e devono ancora arrivare gli africani; se lavoriamo tutti la Terra scoppia; con la tecnologia e l'automazione il lavoro lo fanno le macchine; gli immigrati ci rubano il lavoro; per finire con la balla più colossale della storia: sono finiti i soldi, perché abbiamo vissuto al disopra delle nostre possibilità
Vi prego in ginocchio: svegliamoci dal sonno della ragione. Un conto è ragionare su come produrre, cosa produrre e quanto produrre, senza rompere troppo le palle a madre natura. Un conto è valutare accuratamente come ripartire il peso del lavoro (alleviato dalla tecnologia) e come distribuire equamente il valore prodotto. Altra cosa è credere che non ci siano più cose da fare per far stare meglio l'umanità. 
Intanto, aprendo gli occhi, si scopre che la capacità lavorativa "specializzata", cioè "adatta" a rispondere alle esigenze della produzione (che sono crescenti e sempre più sofisticate), non è affatto illimitata. Anzi, è scarsa, in molti ambiti della produzione. Ma quel che più conta sono le infinite cose belle che si potrebbero fare, grazie alla innata creatività umana, per soddisfare i bisogni crescenti di una umanità che sul piano tecnologico continua a progredire, mentre sembra aver perso la capacità di guardarsi intorno con occhio critico. Questa è una realtà sacrosanta che non vedi solo se ti sei perso nelle nebbie della paura.
Conclusione: è vero che il lavoro è un fattore sempre necessario alla produzione di qualsiasi bene o servizio, ed è anche vero che è un fattore non illimitato; quindi è bene che venga remunerato. Adeguatamente. Come, è un altro discorso; importantissimo, ma da fare dopo aver sgombrato il campo dal pregiudizio ideologico del capitalismo.

IL Capitale. Qui, diciamocelo chiaramente: la confusione regna sovrana.   
Cominciamo con il distinguere il "capitale finanziario", che sono il classico "mucchio di soldi", dalla capacità imprenditoriale, che è una qualità umana, e da tutte quelle cose concrete e materiali che vengono spesso elencate nel patrimonio aziendale: capannoni, macchine, attrezzature varie e quant'altro. 
Facciamo un esempio concreto, così ci capiamo meglio. Avete mai sentito parlare di Project finance? Start up? Private equity?
Funziona (più o meno) così: tu hai una meravigliosa idea imprenditoriale, completamente nuova e serve a produrre un prodotto/servizio utilissimo, che renderà felici gli utenti e darà lavoro a tante persone. Ottimo. Ma ti mancano i soldi. 
La prima cosa che ti viene in mente, nella tua ingenuità, è di rivolgerti alla tua banca. La tua agenzia di sicuro non ti darà i soldi, ma se è una banca "universale", cioè  di quelle grandi che fanno tante cose, fra cui finanza d'impresa, ti indirizza nello sfavillante mondo della finanza. E' lì che ti rendi conto che, per realizzare il tuo progetto, hai bisogno di molte più cose di quanto non avessi inizialmente immaginato. Ti servono una sede principale e tante sedi secondarie, situate in posizione centrale nelle principali città italiane; questo solo per partire, con il piano di espandersi all'estero, subito dopo il primo biennio di lancio, che sarà utile anche a radicare nell'immaginario collettivo globale l'idea del prodotto "made in italy". Ancora: mobilia selezionata, glamour, adatta ad ospitare sia chi ci lavora, sia ad impressionare i clienti/visitatori; attrezzature informatiche potenti, dai server, ai terminali, alle stampanti 3D; un potente piano di marketing iniziale che faccia conoscere il nuovo servizio ad un pubblico ampio e diversificato, ma sempre esclusivo. 
Le prospettive di ricavo, quantificate grazie ad una accurata indagine di mercato molto professionale, sono buone e crescenti nel tempo.  
I professionisti che ti hanno incantato - e convinto a cacciare bei soldi - mettono tutti questi elementi in un Business Plan, che non è altro che un bel documento, molto "figo" e ben illustrato, dove ogni cosa è trasformata in soldi che escono, quanti e quando, e soldi che entreranno, quanti e quando. Scopo del documento è quello di dimostrare che i soldi che entreranno (in futuro) sono molti di più di quelli che escono e continueranno ad uscire (subito, per l'investimento iniziale, e dopo, per i costi di gestione). La differenza serve a calcolare la mitica "remunerazione" del capitale investito. Con questo documento in mano inizi il calvario per cercare i finanziatori (sempre accompagnato dagli angeli custodi). 
Tu sei orgogliosissimo del tuo progetto, e tutto concentrato su due aspetti, di fondamentale importanza, per te e per il mondo: la meraviglia dei clienti per il nuovo servizio, che appare di grande utilità sociale; la gioia delle persone che lavoreranno nell'iniziativa, che hai già cominciato a coinvolgere e sono veramente entusiaste. 
Sappi da subito una cosa brutale: non gliene frega un cazzo a nessuno. Perdona la franchezza e la brutalità, ma è esattamente di questo che stiamo parlando. Nel mondo capitalista, chi è chiamato a scegliere (per tutti noi) come investire grandi capitali, e quindi quali cose fare e quali NO,  ha necessariamente un folto pelo sullo stomaco. NON HA IL PERMESSO DI LASCIARSI DISTRARRE DA QUELLE MENATE LI', COME "L'UTILITA' SOCIALE" E "L'ENTUSIASMO DELLE PERSONE", altrimenti perde il vantaggio competitivo nei confronti di chi, invece, guarda al sodo e non si lascia incantare. O l'utilità sociale e l'entusiasmo delle persone si trasformano in moneta sonante, o non contano. 

Fermati a riflettere su un inciso: più la ricchezza si concentra, tanto più l'utilità sociale e l'entusiasmo si possono trasformare in moneta sonante solo se prodotti e servizi sono destinati ad un pubblico in grado di pagare adeguatamente. I bisogni di chi non può pagare, non possono materialmente trasformarsi in remunerazione del capitale. 

Immedesimiamoci nella testa dell'investitore, e sprofondiamo allora in quel pensiero condizionato che guarda ad un'unica cosa, fatta di aridi numeri, che si chiama "bottom line" (l'ultima riga del bilancio, quella che riporta l'utile)corredata da tanti "indicatori", sempre numerici, che hanno l'unico scopo di farci capire: quanto sarà remunerato il capitale investito
Quando l'investitore ha chiaro questo numero, che è una percentuale, lo confronta con analogo numero che appare alla fine di tantissimi altri documenti (le "alternative di mercato") e prende la decisione con un unico criterio in mente: vince la più alta remunerazione del capitale. Il che, infrange i sogni di tutti gli altri, l'utilità sociale e l'entusiasmo delle persone che non possono pagare.

Se sei un fervente sostenitore della libera iniziativa privata, starai sicuramente pensando: ma certo, non è mica compito dei privati, preoccuparsi di queste cose, ci deve pensare lo Stato. Appunto, sono (parzialmente) d'accordo con te. Ma allora, per cominciare, smettila di dire che lo Stato non deve intervenire nell'economia, perché se non interviene pesantemente nel mondo della produzione, quelle cose non possono materialmente essere garantite, e poi finisce che la gente s'incazza e spacca tutto. Per proseguire, poi, ti invito a riguardati un attimino il patto sociale: noi tutti ti lasciamo libero di intraprendere la tua iniziativa economica, e di goderti la tua proprietà privata, ma a condizione che venga rispettata l'utilità sociale (articoli 41 e 42 della Costituzione).

Se poi non conoscete i meccanismi del sistema, e confondete la persona che prende la decisione sull'investimento con il proprietario dei soldi, potete anche ritenere che quell'essere umano abbia comunque un cuore ed un'anima, una sensibilità almeno possibile verso quegli aspetti così diversi dalla mera remunerazione del capitale finanziario investito, e quindi faccia una scelta diversa, più "umana". 
Errore. Il sistema capitalistico si è attrezzato appositamente per sterilizzare questo pericolo. Lo ha fatto, per gli investimenti di rilievo, spingendo il possessore del capitale (che è un essere umano con cuore ed anima), a liberarsi dall'imbarazzo della scelta (troppo difficile, in un mondo complesso e globalizzato). Lo fa affidando il suo capitale ad una società specializzata nella "gestione del risparmio", dove un professionista, dipendente della società, decide materialmente come il capitale (non suo) sarà investito. Questo professionista è necessariamente un essere semi umano, selezionato appositamente in base alla sua provata capacità di tacitare cuore ed anima, per guardare dritto all'essenziale: la bottom line. Questione di "professionalità". 
Il Risparmio Gestito! Con tanto di fondi di private equity, specializzati nel settore delle start up e del project finance. Di questo si tratta. Questa della gestione collettiva e professionale del risparmio privato è una delle più potenti (e perverse) "Istituzioni del capitalismo". Per niente conosciuta dal grande pubblico e raramente dibattuta dove si dovrebbe. 
La "professionalità", nel settore, consiste infatti  in questo: la capacità di guardare solo alla bottom line, con il suo corredo di indicatori,  da leggere attraverso lenti capaci di sfrondare tutti gli aspetti di marketing e manipolazione, pure esistenti. Chi redige un business plan, sapendo come ragiona il decisore, si sforza naturalmente di far apparire grandi i ricavi, e piccoli i costi. Sì, perché questi documenti sono scritti anche loro da professionisti, anche loro molto bravi, pagati esclusivamente per riuscire a "vendere" il progetto, cioè ottenere il finanziamento. E si tratta magari di professionisti che sono perfino colleghi della stessa banca d'affari, però rigorosamente appartenenti ad un diverso "dipartimento della banca". Altri soggetti, poi, forse appartenenti alla stessa banca d'affari ed altro dipartimento, ne seguiranno la realizzazione, la successiva quotazione in borsa, il collocamento ed il continuo spostamento fra altri fondi di risparmio gestito... e così via. 
Tutto questo spezzettamento delle responsabilità, per di più infilato nella generale limitazione di responsabilità che è congenita all'altra grande "istituzione del capitalismo", la società di capitali, ci fa capire come sia materialmente possibile che, sotto i nostri occhi esterrefatti, si producano nel mondo cose orribili e dannose, o cose utili a pochissimi (magari ricchissimi), mentre non si producano affatto o a sufficienza, le cose che sono assolutamente indispensabili alle moltitudini. 

Tutto avviene perché siamo attaccati a due false "convinzioni", molto radicate, divenute assiomi: 

- il capitale finanziario è scarso;

- la migliore allocazione è garantita dalla migliore remunerazione.

Guarda che su questi due cardini gira tutto il mondo capitalista, con le sue guerre, i suoi squilibri e le sue follie. 

Intanto abbiamo sgombrato il campo dalla confusione fra capitale finanziario, da una parte, e le altre componenti patrimoniali con le quali viene solitamente confuso: la capacità imprenditoriale e gli impianti fissi (capannoni, macchinari, eccetera). Queste altre componenti hanno sicuramente un diritto legittimo ad ottenere una giusta remunerazione, una quota del valore prodotto, perché sono sicuramente necessari alla produzione, e sono per giunta scarsi, non illimitati. 

Ora la domanda delle cento pistole: il capitale finanziario, così come definito (mucchio di soldi) è necessario al processo produttivo? Ed  è anche scarso o limitato?

Cominciamo dalla "necessità". Nel nostro mondo contemporaneo, che è dominato dalla estrema specializzazione del lavoro e dalla conseguente necessità di scambiarci le cose prodotte da ognuno di noi, non abbiamo ancora imparato a fare a meno del denaro. Per mettere insieme tutte le cose che servono ad avviare ed a mantenere la produzione, bisogna quindi comprarle, usando il capitale finanziario (il mucchio di soldi). Non ci piove. 
Riflettiamo però su un aspetto di importanza "capitale". Immaginiamo di essere su di un'isola deserta. Abbiamo materiali da costruzione, ingegneri, braccia per lavorare, e bisogno di un riparo. Lo costruiamo, di sicuro! Non è che rinunciamo all'idea di costruirci il riparo di cui abbiamo assoluto bisogno, solo perché non abbiamo i soldi, giusto? Fermati a riflettere su questo aspetto. E' la realizzazione del riparo, quello che conta. E' l'utilità che il riparo offre a tutti i partecipanti, che materialmente "ripaga", quindi "remunera" tutti coloro che hanno collaborato alla sua realizzazione. Resta solo da stabilire quali posti assegnare ad ognuno, al suo interno.
Su di un piano generale, possiamo affermare: è l'utilità delle cose e dei servizi prodotti quella che veramente remunera tutti i fattori della produzione, non il denaro. Non è il denaro che ci ripara, ci sfama, ci veste. La circostanza che l'utilità venga "venduta" in cambio di denaro, e poi sia il denaro ad essere ripartito fra i produttori, e ognuno si compra quello che vuole, dipende dalle circostanze. Sull'isola deserta dove tutti lavorano per costruire il riparo e zappare un orto, ci si ripartisce direttamente una stanza ed un po' di ortaggi. Più è estesa la specializzazione del lavoro, più abbiamo bisogno di scambiare cose, più abbiamo bisogno di usare il denaro, come strumento di scambio (fino a quando non inventiamo altro). Ma intanto abbiamo capito una cosa: il processo produttivo ripaga sempre se stesso, con l'unica condizione che il bene o il servizio sia veramente utile a qualcuno. Non fare investimenti per "mancanza di denaro" è come scegliere di non bere l'acqua di una fonte per mancanza di un bicchiere. 
Ok. Ma tornando alla cruda realtà, pur sapendo che un mondo senza soldi è possibile (grandi civiltà del passato ne hanno fatto a meno e l'uomo del futuro sicuramente ne farà a meno) dobbiamo convenire che, nel frattempo, per avviare una produzione abbiamo ancora bisogno di questo maledetto "mucchio di soldi": il capitale finanziario. Ci è molto utile, anche se non è teoricamente indispensabile. E già questo fa una bella differenza.

Vediamo ora cosa dire della sua "disponibilità". E' scarso o abbondante? Limitato o illimitato, il capitale finanziario?
Per rispondere ragionevolmente dobbiamo rispondere meglio alla domanda: "cosa è denaro"? Cosa sono tutte quelle "M" (M1, M2, M3...M10..) che le banche centrali misurano e cercano di gestire, che vengono chiamati "aggregati della massa monetaria"? C'è di tutto. Roba insospettabile, per noi comuni mortali, che confondiamo il denaro con le monetine e le banconote, o al massimo i bancomat ed i bitcoin. Non ci viene spontaneo dire che i soldi "disponibili" sul conto corrente (compreso lo "scoperto di conto corrente autorizzato") sono denaro, esattamente come gli euro che abbiamo in tasca. Eppure al supermercato o in un negozio ci è assolutamente indifferente pagare con le banconote, oppure con quei soldi lì, che possiamo movimentare con il bancomat, la carta di credito, l'assegno, il bonifico, l'autorizzazione all'addebito. Ancora più difficile ci risulta concepire come denaro pronti contro termine, le quote di fondi comuni monetari, i titoli di mercato monetario, le obbligazioni con scadenza originaria fino a 2 anni. Eppure sono tutte componenti di M3, diligentemente misurate dalle banche centrali. Si tratta di "disponibilità liquide". Vuol dire questo: se mi capita una buona occasione per spendere i miei soldi, ed ora sono investiti in una di quelle cose lì, posso facilmente e rapidamente trasformarli in "soldi sul conto corrente", e spenderli come mi pare
La parola magica: liquidità. Tutto ciò che può essere trasformato, in un tempo più o meno breve, in "soldi disponibili su un conto corrente", può essere considerato "denaro". 
Tutto lo splendente mondo della finanza, in realtà, può essere rapidamente trasformato in soldi sul conto.. titoli azionari, derivati.. enorme "potere d'acquisto"! Ma le banche centrali (i cui banchieri sono selezionati più da quegli ambienti che da noi) se ne guardano bene dal portare l'attenzione su certi aspetti. Misurandoli, ci renderemmo facilmente conto della circostanza che non c'è mai stato tanto "denaro" nel mondo quanto in questi ultimi anni. Alla faccia del "sono finiti i soldi perché abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità". 
Tu che sei convinto che restituendo il potere di creare denaro dal nulla ad uno Stato inefficiente e sprecone, si avrebbe necessariamente un eccesso di denaro, e conseguente inflazione, ti sei mai posto la domanda: le banche, da quando sono private e svincolate dalla politica, hanno creato più o meno denaro di quanto non facessero prima gli Stati spreconi? Sono diventate più brave di prima ad allocare gli investimenti, oppure dissipano fortune invereconde, in un'orgia di follia finanziaria come mai prima nella storia? 

Un promemoria, alla faccia dell'economia che stenta. 
Ecco l'andamento della capitalizzazione di borsa (potere d'acquisto che si concentra nelle mani dei ricchi e super ricchi) 












concentrati su quello che succede dagli anni novanta in poi, a privatizzazione avvenuta del sistema finanziario





















Da dove viene tutto questo denaro se l'economia mondiale non è che brilli, ultimamente?

E' sufficiente concentrare la nostra attenzione su due categorie, abbastanza semplici da capire per tutti, per avanzare nella nostra analisi.


Il denaro creato dal nulla dalle banche centrali (che va a finire prevalentemente nel mondo della finanza, a proposito di efficienza dell'allocazione!).

Il denaro creato dal nulla dalle banche private.

Su quest'ultimo ci spendiamo due minuti, per gli scettici, che è ora di sgombrare equivoci e dubbi.  

Io sono la banca privata A. Tu Mario sei un cliente. Io in cassa ho solo 8 milioni di euro che sono il mio patrimonio. La cassa è il mio conto presso la banca centrale, quindi non è che con la cassa posso fare miracoli. Quella deve pareggiare. Tu devi fare un grande investimento di 100 milioni di euro, e la cosa mi piace: te li presto senza battere ciglio per 10 anni, senza neanche guardare a cosa ho in cassa, e te li accredito oggi sul tuo conto presso di me. Io scrivo che ho un credito verso di te di 100 milioni (il prestito), più interessi che maturano nel tempo. Ma ho anche un debito verso di te di 100 milioni (il saldo del c/c). In cassa ci sono sempre e solo gli 8 milioni di prima. Anche tu hai un debito (il prestito) ed un credito (il saldo del conto corrente) di 100 milioni. Quindi tutto si pareggia. Ma il miracolo è che tu hai oggi, nella tua cassa, 100 milioni che prima non esistevano! E li puoi spendere ora, mentre il debito lo pagherai fra dieci anni. 

Vediamo cosa succede se li spendi. Se paghi 100 milioni a Giorgio, che è un correntista della mia banca, io non faccio altro che spostare i soldi dal tuo conto al conto del beneficiario, trasferendo a lui il potere di spesa per quell'importo (mentre io ho in cassa sempre e solo 8 milioni). Finalmente Giorgio preleva e paga Filippo, che ha il conto sulla banca B. Ora dalla cassa mi escono 100 milioni, e ne ho solo 8. Come me la cavo? Ho due giorni di tempo per chiamare la banca B, che ha appena ricevuto 100 milioni freschi freschi, e le chiedo di prestarmene 92, per pareggiare la mia cassa. Ma mica per dieci anni! Per una notte, tanto per pareggiare il conto. Poi domani si vedrà. 
Il che comporta dei rischi, per me: di liquidità (la banca B potrebbe non volermeli prestare, dopodomani, ed io avrò ancora il problema della cassa); di tasso d'interesse (dopodomani il tasso che mi applichi è maggiore); di credito (da qui a dieci anni Mario non ha più soldi per rimborsare il prestito). Ma è il mio mestiere gestire rischi (e una volta me la cavavo, prima che arrivasse la finanza..). Gli interessi sul prestito, se fossero corretti, servirebbero esattamente a remunerare quei rischi oltre ai costi di gestione.
Intanto i 100 milioni girano di conto in conto, permettendo scambi nell'economia reale, e girano di banca in banca, che appartengono tutte allo stesso sistema dei pagamenti. Prima non c'erano, quei 100 milioni. Creati per atto di volontà. Tanto per sapere: M3 è materialmente aumentata di 100 milioni! E le banche centrali regolarmente registrano l'aumento.

Ora supponiamo che la banca B non mi voglia rinnovare il prestito, e neppure nessun'altra banca. Magari sono stati prelevati, trasformati in banconote e finiti chissà dove. Oppure, semplicemente (è la triste realtà) le banche tedesche non si fidano delle banche italiane, e preferiscono lasciare la loro liquidità in eccesso depositata presso la BCE ad un tasso negativo, piuttosto che prestarmeli.
Che faccio? Non faccio altro che andare dalla BCE (che per le banche private è prestatrice di ultima istanza) e metto a garanzia il mio prestito a 10 anni per ottenere un prestito di liquidità a breve termine (una settimana, un mese, tre mesi) che la BCE gentilmente mi concede (a tassi solitamente bassissimi). Poi si vedrà.
Fino a quando quei 100 milioni restano in giro? Fino a quando Mario non me li restituisce, compresi gli interessi. Se è andato tutto bene, io avrò guadagnato discretamente. Ma le cose possono andare storte: i 100 milioni infatti spariscono anche quando dovesse diventare evidente che Mario, divenuto insolvente, non me li restituirà mai più. Allora io dovrò cancellare il mio credito di 100 milioni, mentre avrò sempre un debito di 100 milioni (verso una banca o la banca centrale) che dovrò saldare (oppure sono io a diventare insolvente). A proposito: gli 8 milioni di euro che avevo nella cassa, di mio patrimonio, non erano lì per caso: coprono il rischio che a volte (8 volte su cento) devo usare il mio patrimonio per far fronte al rischio di insolvenza. 


E così si dovrebbe finalmente capire com'è che le banche private creano soldi dal nulla, attraverso i prestiti ed i depositi, ma possono lo stesso diventare insolventi e fallire.

Ora, concentrati su questo aspetto: le banche private e le banche centrali creano soldi dal nulla. Ripeti: non è che "possono farlo, o potrebbero farlo.." LO FANNO. Tutti i santi giorni dell'anno. Per cifre inimmaginabili, e non adeguatamente misurate.

Il capitale finanziario non solo non è scarso, ma è potenzialmente illimitato!


Quindi, amico mio, il capitale finanziario non deve essere remunerato in quanto fattore indispensabile alla produzione, e non deve neppure essere accumulato. L'umanità ne può fare a meno. 

Lo so perfettamente che a qualcuno la cosa può recare enorme dolore, soprattutto se ha dedicato la sua vita ad accumulare capitali, magari raccontandosi pure che la cosa è indispensabile al progresso dell'umanità. 
Capitalista, rilassati: l'umanità non ha bisogno del tuo sacrificio. Vieni a goderti la vita insieme a tutti noi  

Te lo dico per esperienza personale. Ci sono passato: ho dedicato molti anni della mia vita ad accumulare capitali, anche se sempre rapidamente trasformati in beni reali. Alla fine mi hanno deluso anche quelli. Mi sono liberato degli uni e degli altri. Ora sono libero, ed enormemente più felice (fra alti e bassi, naturalmente, ma anche quello è il bello della vita). 

Questa realtà abbatte per sempre e definitivamente il mito sul quale si è retto per secoli l'impianto capitalistico: la "convinzione" che per poter fare grandi investimenti, PRIMA bisogna accumulare capitale, e solo dopo che qualcuno (bontà sua) lo ha accumulato e ce lo mette a disposizione, la comunità potrà avviare la produzione. Allora si, si capirebbe: quello una remunerazione la vuole. Ma, guarda un po': se il denaro si può creare dal nulla, allora non c'è alcun bisogno del risparmio privato per finanziare cose ritenute "produttive"!

Siccome le cose produttive si finanziano da sole, abbiamo la possibilità di scelta. Abbiamo la libertà di scelta, e ne dobbiamo diventare consapevoli, interiorizzando questa scoperta e cominciando ad esplorare le infinite possibilità che comporta.

Sei spaventato dalla responsabilità? Condividiamola, sarà più leggera. Faremo errori? Certo. Ma sicuramente di meno di quelli che produce il sistema capitalista, nel quale non si capisce chi è responsabile di cosa, mentre il mondo va  a rotoli.

Bada bene: non stiamo parlando affatto della fine del denaro e neppure della inutilità del risparmio privato e tanto meno della fine della libertà di iniziativa economica. Il denaro è utile, permette gli scambi e la collaborazione. Il risparmio privato è cosa buona e giusta, e la Costituzione non a caso lo tutela e lo incentiva. L'iniziativa economica (purché responsabile verso la società) è libera ed è tutelata dalla Costituzione, ed è bene che lo sia. 
E non è neppure l'idea del prestito e degli interessi che comporta, che va demonizzata. Va solo messa al giusto posto: piuttosto in fondo alla scala dei valori. 

Il tutto, però, nella sacro santa cornice di sane relazioni sociali: una libertà sempre limitata dalla responsabilità sociale, che quanto più è condivisa, tanto più è leggera e gradevole. 

Quello che cambia, in prospettiva, è la dipendenza dal capitale, che viene a cadere. Assieme alla falsa credenza di non avere altra scelta. La convinzione errata che, se non lasciamo il capitale libero di accumularsi, torneremo all'età della pietra e non potremo fare più investimenti. Semplicemente falso.

Assaporiamo, per favore, l'immensa differenza fra una cosa che ci è utile, ma di cui possiamo farne a meno, perché abbiamo alternative, rispetto ad una cosa di cui non è possibile fare a meno. E' in ballo la Libertà, intesa come riscatto della natura umana, divina e sovrana, che sceglie di usare il denaro ed il risparmio se ed in quanto utili. 


Da dominati dal denaro, a domatori del nostro destino. Possibilmente un pochino più responsabili (consapevoli, e impegnati).

Vorrei continuare, per entrare nel merito del come valutare, in pratica, l'alternativa fra l'utilizzo del risparmio privato e del denaro creato dal nulla per finanziare nuovi progetti. Su chi deve avere questo potere, visto che è possibile scegliere. Che ruolo restituire alla politica. Ma il post è sin troppo lungo, ed ha già svolto un compito importante. 


Godiamocelo, per ora, ed assaporiamolo, prima di procedere oltre, concentrati su questo aspetto: se non è necessario remunerare il capitale finanziario, che al mondo d'oggi si pappa la parte del leone (oltre il 50% del valore aggiunto dei grandi investimenti), ti rendi conto, Nuova Umanità che desideri insorgere, di quanto e come possono allargarsi gli altri due: Terra (natura) e Lavoro (esseri umani)? 

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